La crisi economica che affligge il nostro Paese da 5 anni, infatti, ha avuto un impatto molto significativo sugli atteggiamenti e sui comportamenti di acquisto e di consumo per oltre 3 toscani su 4 (77%). Sebbene ancora il 61% dei dichiari di comperare ancora molto più dello stretto necessario, diverse cause contribuiscono a stimolare scelte mirate davanti agli scaffali come a casa, complice anche una maggiore attenzione per la propria salute (78%), e per l’ambiente (12%) mentre ha poca incidenza l’impatto che il proprio consumo incontrollato, individuale o familiare, può avere sul resto mondo (2%). Sono questi alcuni dei dati emersi dall’indagine condotta da Ipsos per ActionAid Verso l’Expo: gli italiani e gli sprechi alimentari, a casa e nelle mense scolastiche’, diffusa in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione e del rilancio della campagna Operazione Fame, attraverso la quale per il secondo anno l’Organizzazione intende intervenire e sensibilizzare il grande pubblico sulle disparità di accesso al cibo in Italia e nel mondo, contribuendo a rimuovere le disuguaglianze esistenti nel controllo delle risorse (terra, acqua, pascoli, foreste e sementi), promuovendo uno sviluppo economico locale sostenibile, e garantendo una corretta alimentazione a bambini e adulti.Nuove consapevolezze, quindi, che il campione di toscani interpellato da Ipsos per ActionAid testimonia di aver acquisito: rispetto a 2 anni fa, per oltre la metà dei toscani (54%) sono sensibilmente diminuiti gli alimenti che finiscono in pattumiera senza essere consumati, attestandosi sulla media nazionale, e si è imparato a strizzare l’occhio a quelle variabili chiave che qualificano un prodotto alimentare: predilezione del prodotto italiano (52%), il rispetto della stagionalità a favore della qualità (43%), l’aspetto del prodotto (52%) mentre a sorpresa, in una regioni più ricche di patrimonio alimentare domestico, l’origine locale, e quindi la filiera corta, ha un ruolo secondario nelle scelte d’acquisto alimentare (12%), nonostante circa la metà dei toscani (46%) preferisca rifornirsi presso piccoli produttori locali e a km 0’. Oltre alla qualità, infatti, anche il costo ha il suo peso specifico nelle scelte dei toscani, i quali individuano i prodotti alimentari da acquistare soprattutto in presenza di una promozione (41%) o di un prezzo più basso rispetto ad altri cibi (30%). È interessante notare come lo spreco di alimenti scaduti o andati a male non capita quasi mai per quasi 1 toscano su 3 (31%), parallelamente ai cibi destinati alla pattumiera senza essere consumati diminuiti per ben oltre la metà del campione toscano (54%).L’indagine rileva come la crisi (77%) rappresenti il principale driver che ha indotto gli italiani ad una maggiore attenzione al proprio stile di consumo alimentare; inoltre, sulla scia della crescente visibilità data dai media ai vari allarmi lanciati dalla società civile in merito alle difficoltà economiche delle famiglie italiane, una leva importante emersa dall’indagine risiede anche nella sensazione di disagio e fastidio che procura lo spreco ai toscani (66%) - percentuale che in generale lievita al Nord (75%) e cala al Sud (55%) - e da una certa dose di senso di colpa che colpisce 1 toscano su 5 (21%) nei confronti di quelle persone che, anche nel nostro Paese ormai, non hanno di che alimentarsi. Oltre la metà dei toscani, infatti, è consapevole che il 13% delle famiglie italiane dichiari di non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni (54%), ha un’idea che 1/3 della produzione mondiale di cibo viene sprecato (53%), e che per ogni persona che non ha da mangiare al mondo ce ne sono due obese o in sovrappeso (62%), ma ancora 1 toscano su 3 non ha ancora nessuna idea dell’impatto che gli attuali sistemi di agricoltura hanno sull’ambiente e sui consumi di combustibile per la produzione, mentre circa un quarto ritiene di esserne al corrente, attestandosi poco al di sotto della media nazionale (25%). Una buona dose di cinismo caratterizza tuttavia i toscani interpellati, che tendono a dividersi equamente tra coloro che confidano nel ruolo dell’informazione per attivare comportamenti stabili più virtuosi sulla questione sprechi alimentari (44%), e un’altra metà circa che ritiene che l’attivazione avrebbe solo un effetto temporaneo (45%) o nullo (7%).Ci fa molto piacere constatare una nuova consapevolezza dei toscani rispetto al proprio ruolo nevralgico di consumatori finali in una filiera strategica come quella del cibo dichiara Marco De Ponte, Segretario Generale di ActionAid Italia È fondamentale che i cittadini riconoscano il peso specifico individuale in quelle dinamiche che partono dal proprio territorio ma assumono una valenza globale, con la volontà. Confidiamo dunque nell’opportunità offerta da Expo 2015 per lasciare una grande eredità a questa classe emergente di cittadini attivi e consapevoli.Cresce infatti rapidamente l’attenzione degli italiani in generale nei confronti di quello che si preannuncia il grande appuntamento del 2015 per il nostro Paese: a luglio 2013, quasi un italiano su 3 (28%) non era ancora a conoscenza dell’Expo 2015 che si terrà a Milano l’anno prossimo, mentre a un anno di distanza, il 78% della popolazione è consapevole del tema Alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il pianeta, e oltre la metà degli italiani (54%) dichiara che intende visitare l’Esposizione milanese (35% molto probabile, 19% abbastanza probabile). Grandi le aspettative degli italiani nei confronti dei possibili esiti: la diminuzione del divario nella distribuzione delle risorse a livello globale (30%), la riduzione degli sprechi in tutta la filiera (30%), la lotta alla fame nel mondo (17%) nonché la riforma del sistema globale per la produzione agricola (8%). Segnali evidenti di come i fattori cibo e sprechi alimentari siano diventati una chiave di riflessione non solo per gli attori economici implicati nel comparto, ma anche e soprattutto per gli stessi consumatori finali.Non poche le perplessità nutrite dai genitori italiani per gli sprechi nelle mense scolastiche, un comparto dove si consumano 380 milioni di pasti all’anno nelle scuole elementari e medie inferiori, 2 milioni di pasti ogni giorno, per un fatturato di 1.3 miliardi di euro annui. Non esistono di fatto dati nazionali sugli sprechi alimentari prodotti nelle mense scolastiche ma, secondo alcune rilevazioni, circa il 10% dei pasti serviti (pari a 87mila tonnellate di cibo) sono eccedenze, delle quali l’85% è totalmente sprecato. Fotografia restituita anche dai genitori sentinelle interpellati da Ipsos, i quali, in una scala da 1 a 10, danno un voto poco più che sufficiente alla lotta agli sprechi nelle mense dei figli (6.7), questione che sembra essere il vero tallone d’Achille nel servizio di ristorazione scolastica rispetto alla qualità del cibo (7.1) e alla pulizia degli spazi (7.6). Interpellati sulle tipologie e la qualità del cibo servito in mensa, la quasi totalità dei genitori ritiene che i propri figli consumino frutta e verdura di stagione a scuola (89%) e interrogati sulla presenza di cibi di qualità più o meno elevata, la percentuale decresce nettamente quando si rilevano consumi come surgelati (54%) o scatolame (38%). Ancora meno i genitori in grado di dire se cibi biologici (38%) prodotti equo-solidali (44%) o prodotti DOP (46%) raggiungono il piatto del figlio quando mangia a scuola, e si dimostrano ancora meno partecipativi rispetto a un possibile coinvolgimento nelle commissioni mensa delle scuole, laddove solo il 3% dei genitori intervistati è attivo in una commissione mensa, nota come istituzione a 3 famiglie su 4; quasi le metà dei genitori non conosce le attività di tale commissione nel dettaglio, e solo 1 famiglia su 3 ha contatto diretto con i membri della commissione (33%), il cui impegno è peraltro riconosciuto utile dalla maggioranza (84%). Tuttavia, a domanda diretta, ben due terzi dei genitori si percepisce come soggetto potenzialmente utile in affiancamento all’istituzione nella scelta di menu di qualità e antispreco.È dai bambini che frequentano le mense che può partire il vero cambiamento. Parliamo di un comparto attorno al quale ruotano 10 milioni di persone, tra addetti ai lavori, insegnanti, docenti, studenti e personale non docente. I figli del 91% del campione intervistato. Un bacino enorme che rappresenta 1/6 della Nazione e che può farsi davvero promotore e partecipe di consumi alimentari sostenibili, attraverso l’adozione di comportamenti individuali e collettivi virtuosi prosegue Marco De Ponte Per questo ActionAid ha deciso di intervenire nella realtà scolastica, promuovendo con forza e a tutti i livelli la lotta agli sprechi, e coinvolgendo alunni, insegnanti e genitori in attività di formazione su stili alimentari rispettosi della propria salute e delle risorse disponibili. Come l’iniziativa Io Mangio Giusto, con la quale ActionAid si è posta l’ambizioso obiettivo di garantire, entro il 2015, che 15mila bambini possano avere accesso ad una mensa più giusta e almeno 40mila, insieme alle loro famiglie, possano capire l’importanza di una dieta sostenibile.Anche in Toscana, a partire dall’anno scolastico 2014/2015, ActionAid sarà attivo nelle scuole con attività di sensibilizzazione Io Mangio Giusto sulle corrette pratiche antispreco e su come il peso delle proprie scelte individuali di consumo alimentare si riverberino su scala globale.I bambini sono dunque parte attiva negli interventi e nelle iniziative di sensibilizzazione di ActionAid, che da tempo si occupa della tematica cibo e sprechi. All’estero, con la lotta all’accaparramento delle terre dei piccoli agricoltori da parte delle grandi multinazionali, e nelle scuole e nelle mense italiane, realizzando interventi ad hoc anche in partenariato con altre realtà impegnate sul tema, come Cittadinanza Attiva, con la quale ActionAid ha condotto una ricerca proprio sullo spreco nelle mense. Anche quest’anno, attraverso la campagna Operazione Fame, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, l’Organizzazione entrerà nelle mense scolastiche di decine di istituti italiani, promuovendo una serie di iniziative ed eventi che avranno come protagonista il simbolo della campagna, un cucchiaio  bucato, teso a testimoniare l’inutilità dello strumento senza la possibilità di un accesso equo alle risorse, e a trasferire ai bambini l’importanza delle proprie scelte alimentari, indirizzandoli verso un consumo sano e sostenibile, nel rispetto del proprio territorio e delle disparità globali.