La risposta globale all’emergenza fu straordinaria,  mentre l’Italia si scoprì priva di un sistema chiaro e trasparente.Dieci anni dopo lo tsunami, che devastò l’intero Sud-est asiatico, giungendo fino alle coste dell’Africa orientale, provocando 230 mila vittime accertate e  lasciando 1,7 milioni di sfollati, sono molte le lezioni apprese da quella catastrofe, in termini di investimenti sulla prevenzione e sull’empowerment delle comunità, in particolare le donne.Secondo l’esperienza di ActionAid, in quella emergenza fu cruciale il ruolo di leadership delle donne, soprattutto in Thailandia e India: le comunità femminili furono infatti una parte fondamentale nella valutazione  e individuazione dei bisogni e nella pianificazione dei progetti. Dieci anni dopo, molte di quelle donne hanno ottenuto il diritto a possedere la terra, a sedere nei consigli comunitari, a creare cooperative autonome per ottenere una indipendenza finanziaria, proprio grazie all’impegno comunitario nei mesi successivi a quella che è considerata una delle più drammatiche calamità naturali degli ultimi decenni.Il 26 dicembre 2004, lo tsunami, causato da un terremoto di magnitudo pari a 9.3 della scala Richter nell’Oceano Indiano, scatenò masse d’acqua alte come un palazzo di sei piani, che si abbatterono sulle coste alla velocità anche di oltre 200 km/h. ActionAid fu impegnata in operazioni di emergenza in 6 dei 13 paesi colpiti: Sri Lanka, India, Indonesia, Thailandia, Maldive e Somalia. Rispondendo nell’immediato ai bisogni primari, con generi alimentari e kit sanitari, l’azione si concentrò sulle fasce di popolazione più vulnerabili, come donne, bambini, anziani, e persone con disabilità, spesso lasciati ai margini delle grandi operazioni di soccorso. Solo nei primi tre anni, l’organizzazione ha supportato e aiutato oltre 750mila persone, di cui il 70% donne.  Un elemento chiave dell’approccio di ActionAid fu quello di assicurare che le comunità fossero ricostruite meglio’. ActionAid sviluppò attività per la ricostruzione di nuove abitazioni, dotate di servizi igienici  e con criteri di maggiore sicurezza e sostenibilità (in India, in Sri Lanka e nei paesi del Corno d’Africa), e sostenendo le comunità più vulnerabili a mobilitarsi per vedere riconosciuti i propri diritti (in India, Thailandia e Indonesia), nella fase post-emergenza.Ricordo le onde dell’Oceano Indiano come se fosse ieri racconta  Amar Nayak, oggi Programme Manager per le emergenze in Asia, che era a capo del coordinamento dei programmi di ActionAid in risposta allo tsunami le comunità non erano pronte a un impatto così devastante. Tre quarti delle vittime indiane furono donne proprio perché quando arrivarono quelle onde, erano loro a pescare sulla riva. Sulla costa orientale a Chennai, una delle più grandi città indiane non credevo ai miei occhi: tutte le abitazioni erano state spazzate via. Mancava tutto, a partire dal cibo. Ma sono state le donne delle comunità dei partner locali, le prime a reagire. Uno dei maggiori risultati ottenuti da ActionAid è stato per il diritto alla proprietà della terra. Subito dopo la catastrofe, il Governo indiano dichiarò off limits tutte le aree costiere,  come misura precauzionale per prevenire futuri tsunami, ma mettendo a repentaglio la possibilità di sopravvivenza di intere comunità di pescatori. Le comunità locali diedero vita alla campagna Sea is life, Coast is right!, portata avanti proprio dalle donne, che erano parte di gruppi di auto aiuto nelle prime settimane dopo il 26 dicembre. E ottennero dal Governo, la revoca di quella decisione".La risposta all’emergenza globale fu pari a 13,6 miliardi di dollari, complice anche la presenza di molti occidentali sulle coste dell’Oceano Indiano, per le vacanze di Natale.L’Italia, nonostante la risposta dei donatori privati, si trovò impreparata a gestire l’emergenza internazionale. Nel nostro Paese furono raccolti oltre 50 milioni di euro dichiara Marco De Ponte, Segretario Generale di ActionAid risorse poi trasferite alla Protezione Civile che non aveva la titolarità a impiegarle. Sono passati dieci anni e sul sistema di reazione alle emergenze, che è evoluto attraverso l’esperienza dello tsunami,  permane una seria carenza di regole chiare e trasparenti. Allora chiedemmo che la responsabilità sull’aiuto umanitario fosse chiaramente svincolata da considerazioni politiche, in base ai più elementari principi internazionali in materia. E quindi la revisione della normativa creata per decreto sui poteri del Dipartimento Protezione Civile, chiaramente orientati all’indirizzo politico della Presidenza del Consiglio".Nota per i giornalistiAi seguenti link è possibile scaricare:FOTOVIDEO - LE TESTIMONIANZE DI KALYANI E MOHANAPer informazioni, richiesta materiali e intervisteUfficio Relazioni Pubbliche ActionAid ufficiostampa@actionaid.orgFrancesca Landi, Head of Public Relations Tel. 06 45200526 Cell. 3355478571 francesca.landi@actionaid.orgTonia Esposito, Responsabile Relazioni Media Tel 06 45200526 Cell. 3397854857 tonia.esposito@actionaid.orgBarbara Antonelli, Information Officer Tel. 06 45200526 Cell. 3385706446 barbara.antonelli@actionaid.orgFrancesca De Santis, Local Media Relations Tel 06 45200-530 Cell. 3407202483 francesca.desantis@actionaid.org